tavernaProust. La rubrica del martedì

Crema di zucca alla francese

Era il 3 dicembre, e continuava a piovere.(I fantasmi del cappellaio, G. Simenon)

Era il diciannove novembre, e continuava a piovere. Sarebbe piovuto per il resto della notte e della settimana, ma non era rilevante, in quel momento, il futuro.

Solo tre ore a Parigi per consegnare un pacchetto.

Il locale era deserto se non per due donne che sedevano al primo tavolo, quasi schiacciate in vetrina. Erano vecchie e, sotto gli abiti confusi, neri, le rouches delle camicie, le balze delle gonne ampie, i pizzi dozzinali, le pieghe dei guanti lunghi sino al gomito e consumati sulle dita, e i cappelli, i cappelli indossati al tavolo – certo li avrebbero tolti per la cena, ma adesso li avevano in testa, appena sbilenchi – si capiva che erano floride, un po’ sfatte.

Gli zigomi allargati da una risata che diventava sempre più roca e dai toni alti. Ma non era una risata irritante, loro non lo erano. Ridevano insieme a un uomo anziano con i capelli lunghi e sporchi.

Le due donne bevevano.

Pioveva ancora e al calore del locale liberarono il seno ampio, soddisfatto.

Nella vetrata, una Pigalle madida.

Il cameriere portò la zuppa, anche a loro.

Tolsero i guanti e li arrotolarono.

Un’altra donna entrò, era vestita di nero, le balze, le rouches, il cappello. Si mise a sedere e prese a ridere anche lei, senza necessità di capire il motivo delle risate degli altri. Pensai ridessero di me.

Poi una mi disse, ciao, in un italiano finto, strascicato dall’alcool. Fecero tutte ciao con la mano e mandarono baci con le dita mentre ridevano. Mi dettero allegria.

Pensai che avessero lavorato nel quartiere fino a qualche tempo prima e vivessero in quella strada, in un appartamento in Rue Pigalle, oppure nei romanzi di Simenon.

Quando arrivò l’uomo che aspettavo, loro risero più forte, mandarono baci anche a lui e lo invitarono al tavolo.

Ma quello non si fermò. Non volle assaggiare un cucchiaio di crema di zucca.

Prese il pacco senza sedersi e salutò.

Loro dissero ooohhh in coro, deluse e stizzite. Una mimò una lacrima, col dito finse di ricacciarla nell’occhio.

Poi risero. Davvero ridevano di me.

La crema era calda.

Quando andai via, mi accorsi che un altro tavolo era occupato, nell’angolo, un uomo scriveva su un pezzo di carta, beveva birra e neppure lui aveva tolto il maledetto cappello né spento la pipa.

1 Kg di zucca

2 porri

30 gr di formaggio francese erborinato

mezzo bicchiere di vino bianco secco

una tazza di brodo vegetale o di pollo

10 gr di burro

olio evo

pepe

cannella

noce moscata

Avvolta nella carta di alluminio, cuocere in forno la zucca, senza eliminare la buccia.

Intanto, in una casseruola, far appassire e poi stufare col burro, un cucchiaino di olio, il vino bianco e un dito di acqua, i porri. Salare appena. Qui, tutto è già sapido.

Una volta raffreddata, raccogliere la polpa ormai morbida della zucca e frullarla con i porri. Cuocere il composto ottenuto per circa dieci minuti col brodo. Salare se necessario. Tutto è già sapido.

Aggiungere le spezie e il formaggio, che si scioglierà rendendo la zuppa cremosa.

Servire con crostini pane tostato.